Sono un centinaio in Veneto le imprese agricole che coniugano produzione e welfare, profitto e solidarietà. Fattorie didattiche, orti sociali, agrinidi, centri per anziani o per disabili tra frutteti da coltivare e animali da cortile da accudire sono esperienze consolidate di una ‘economia di solidarietà’ che trovano ora riconoscimento e agevolazioni grazie alle legge regionale, appena approvata dal Consiglio, in materia di “agricoltura sociale”. Se ne parla lunedì 15 luglio, nella casa circondariale ‘Due Palazzi’ di Padova, nel confronto promosso dal Consiglio regionale tra rappresentanti dell’impresa sociale, del volontariato, dell’agricoltura e delle istituzioni, nell’inedita cornice della più grande casa circondariale del Veneto (inizio ore 9.30). A discutere le nuove opportunità create dalla legge veneta sono il direttore del dipartimento di Sociologia e diritto dell’economia dell’Università di Bologna Giovanni Pieretti, il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia Giovanni Maria Pavarin, il responsabile della Pastorale del Lavoro della Diocesi di Vicenza Don Matteo Pasinato, sindaci, rappresentanti di cooperative sociali, responsabili di Ulss, invitati dal presidente del Consiglio regionale a dare concreta attuazione alla nuova legge veneta. “Le nuove norme a sostegno dell’agricoltura sociale – spiega il presidente del Consiglio Clodovaldo Ruffato – danno forza a realtà ed esperienze imprenditoriali che impegnano soggetti svantaggiati come disabili, ex tossicodipendenti, detenuti in semilibertà in attività tradizionali di coltivazione e allevamento: offrono lavoro, creano reddito, ma soprattutto danno dignità e obiettivi a persone che rischiano di rimanere ai margini della società”. La legge veneta prevede, infatti, agevolazioni e accesso ai fondi comunitari per quelle imprese sociali che praticano attività agricole impegnando minori, anziani, tossicodipendenti, ex detenuti, persone con problemi psichici. In Veneto le esperienze ‘sul campo’ non mancano: dal primo ‘agriasilo’ sorto a Pescantina (Verona), all’attività ormai decennale della “Vecchia Fattoria” a San Pietro di Morubio, sempre nel Veronese, che sta affiancando alle attività didattiche per bambini e famiglie anche un’attività occupazionale nel biologico, in convenzione con l’Ulss di Legnago, per disabili, adolescenti problematici, ex detenuti e tossicodipendenti; dagli orti dell’azienda agricola Ramello di Ariano Polesine coltivati da 35 ragazzi disabili nell’ambito di un progetto occupazionale siglato sei anni e mezzo fa con l’Ulss 19 di Adria al nuovo percorso di riscoperta del cibo e dell’alimentazione che l’azienda agricola “Cà Menego” di Fabiano Simonatto ha attivato a Summaga di Portogruaro, in convenzione con il servizio per la cura dei disturbi alimentari dell’Ulss 10 del Veneto Orientale. Alle imprese agricole che sviluppano progetti sociali si affiancano le cooperative sociali di disabili specializzatisi nelle serre e nel florovivaismo, le comunità terapeutiche per tossicodipendenti o psichici che, sul modello di San Patrignano, hanno fatto del lavoro uno strumento terapeutico di recupero. “C’è un’imprenditoria agricola che ha mantenuto un forte legame con la terra, le tradizioni, i valori della famiglia e dell’accoglienza che oggi va riscoperta e sostenuta come forma di welfare innovativo e alternativo, capace di integrarsi con il terzo settore e di offrire risposte alle nuove domande della società. Ogni persona impegnata e reinserita attraverso il lavoro dei campi è un valore aggiunto per la società e un costo in meno per lo Stato”.